IDROELETTRICO, UN RUOLO STRATEGICO VERSO L’UNIONE DELL’ENERGIA

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Alcuni stralci del mio intervento al meeting di ieri con ingegneri, esperti, docenti universitari e aziende del settore a Padova sul tema dell’energia idroelettrica

 

Nonostante l’oggettiva rilevanza sui mercati reali, l’idroelettrico rimane materia opaca in ambito europeo, e ciò a detrimento dei paesi leader nel settore: dunque noi in primis, ma anche la Francia e la Spagna. Colgo quindi con spirito costruttivo questo vostro invito, sperando che sia occasione utile per spingere l’asticella dell’idroelettrico in Europa un po’ più avanti, verso l’obiettivo della graduale ma piena integrazione nei mercati.

L’argomento è di capitale importanza – basti pensare che l’Agenzia Internazionale per l’Energia stima il potenziale idroelettrico globale in circa 14.000 TWh per anno, condensato principalmente nel mondo industrializzato ma esteso fino ad Africa, Asia e America Latina. Parliamo di energia pulita, che già oggi rappresenta più dell’80% dell’elettricità prodotta da fonti energetiche in Europa. E che supera il 10% del consumo complessivo europeo di elettricità: una realtà di mercato radicata, che svolge un ruolo strategico nel quadro del nuovo modello energetico europeo – quello decarbonizzato, che punta al traguardo per il 2030 e quindi prepara il terreno normativo agli sviluppi di mercato. 

Non è un mistero, d’altra parte, che oramai le agende europee su clima ed energia siano due facce di una stessa medaglia: ove si raggiunge un impegno climatico – come a Parigi nel dicembre scorso – è d’altra parte necessario tradurre quell’impegno in indicatori quantitativi certi, per poi riscrivere la legislazione di settore e permettere ai mercati di integrare quei valori e obiettivi di contenimento delle emissioni. 

Oggi l’idroelettrico è realtà radicata, destinata a svolgere un ruolo strategico a favore dell’espansione delle tecnologie rinnovabili sui mercati energetici europei, in conformità con gli obiettivi dell’agenda clima ed energia e dei target al 2020.

Per l’energia idroelettrica, ciò vuol dire in una crescita significativa del settore, sviluppo di nuove capacità, e miglioramento delle strutture esistenti in Europa. 

Per le piccole centrali idroelettriche (meno di 10 MW), le opportunità di sviluppo sono notevoli. Si stima infatti che la capacità installata per questo tipo di generazione aumenterà di 16.000 MW entro il 2020, e anche gli impianti di stoccaggio e distribuzione ne beneficeranno. Durante il periodo di fornitura di energia elettrica in cui la domanda di energia è più alta, infatti, è possibile utilizzare energia supplementare degli impianti idroelettrici in accumulazione, bilanciando così le fonti energetiche rinnovabili ma intermittenti, in particolare l’eolico.

C’è da dire che l’Europa è un leader nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie, e il settore dell’idrocinetica è uno dei più avanzati al mondo. Ma la tecnologia è stata ed è tuttora prevalentemente inglese, quella stessa tecnologia che ha permesso lo sviluppo di una capacità idroelettrica installata in Europa che ha raggiunto e superato gli 80.000 MW. Su un versante, quindi, con la Brexit rischiamo di perdere un importante partner tecnologico. Ma da un altro punto di vista, l’assenza di un’adeguata legislazione europea di settore, e il graduale percorso di regolamentazione delle politiche energetiche dell’Ue, ci offrono l’occasione per provare a indirizzare questo processo verso un modello idroelettrico europeo pienamente concorrenziale ed efficiente.

E’ questo, d’altra parte, il senso delle numerose iniziative intraprese in Parlamento – con le colleghe e colleghi in Commissione Industria, Ricerca ed Energia – per vincolare la Commissione europea a emanare un quadro regolatore sull’idroelettrico che ne disciplini i regimi concessori a livello europeo, quindi armonizzato a tutti i 28 Stati membri. Abbiamo iniziato, prima, con le interrogazioni, non solo del Gruppo S&D ma anche di PPE e dei Verdi. E abbiamo aggiunto un altro mattoncino con l’approvazione, appena una settimana fa esatta, del Rapporto parlamentare sul futuro del market design: un testo non ancora legislativo, ma che precede e per certi versi anticipa quella che sarà la posizione del Parlamento europeo sulla proposta legislativa di ridisegno dei mercati energetici europei, prevista per questo dicembre. In questo dossier, che ho curato come relatore-ombra del Gruppo dei Socialisti e Democratici, l’accento è netto sul bisogno di integrare nei mercati, soprattutto in quelli di breve e brevissima durata, le tecnologie rinnovabili più varie, garantendo loro allo stesso tempo priorità d’accesso alle reti e impegni concreti sul piano dello stoccaggio. E sull’idroelettrico, è passata a larga maggioranza la nostra proposta per un coordinamento europeo sui regimi concessori e una roadmap per l’apertura di questo mercato alla concorrenza (mi riferisco al paragrafo 58 del Rapporto Langen, che ha appena concluso il suo complesso iter parlamentare). 

Il percorso verso una piena apertura e armonizzazione dei mercati idroelettrici europei è dunque ancora lungo: esistono e permangono ancora  dibattiti molto tecnici e spesso divisivi su cosa siano ‘piccole’ e ‘grandi’ centrali idroelettriche ed è evidente che gli interessi di mercato siano ingenti. Ma in previsione della riforma legislativa di dicembre sull’intero mercato dell’energia credo si possa spingere l’obiettivo in avanti, ossia iniziare a parlare esplicitamente di armonizzazione dei regimi concessori tout court: non è scontato che questa finisca per essere la soluzione finale – i protezionismi di alcuni paesi faranno blocco in sede di Consiglio – ma credo che il momento sia maturo, e la fase politica propizia, per un confronto sul futuro dell’idroelettrico in Europa.

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