Le nuove etichette di efficienza energetica

Mercoledì il Parlamento Europeo ha approvato a larghissima maggioranza l’aggiornamento legislativo che introduce nuove classi per l’efficienza energetica degli elettrodomestici. Mettere mano alle etichette energetiche degli elettrodomestici europei vuol dire entrare nel merito della competizione tra modelli industriali e commerciali differenti e spesso alternativi.

 

Spingere l’industria europea a stare al passo con il progresso tecnologico: questo il senso dell’aggiornamento legislativo approvatolo a larghissima maggioranza dal Parlamento europeo lo scorso mercoledì e che introduce nuove classi per l’efficienza energetica degli elettrodomestici. Se infatti nel 2010, con l’introduzione delle etichette pittografiche, gli elettrodomestici più performanti sotto il profilo dei consumi energetici venivano tutti collocati sulla prima classe, con il passare del tempo, e dunque con l’avanzamento tecnologico, si sono moltiplicate le classi energetiche più efficienti. Il risultato, oggi, è che i consumatori fanno sempre più fatica a destreggiarsi in una fitta e confusa selva di indicazioni energetiche. Ecco, quindi, il senso di una riforma che non riguarda soltanto il diritto dei consumatori europei di scegliere con piena consapevolezza gli elettrodomestici più efficienti al fine di ridurre i consumi pro capite, ma che soddisfa anche gli obiettivi generali di sicurezza energetica europea. La Commissione europea, infatti, quantifica i risparmi energetici derivanti dall’introduzione delle etichette nel 2010, e accumulati nell’arco di 10 anni fino al 2020, a circa 175 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, pari al fabbisogno energetico primario dell’Italia nel corso di un anno. E’ quindi evidente che l’efficienza energetica degli elettrodomestici svolga un ruolo nient’affatto secondario nel percorso di consolidamento dell’Unione dell’Energia, al pari degli altri assi Ue dell’agenda clima ed energia. Il confronto parlamentare, tuttavia, non è stato scevro da tensioni all’interno dei gruppi politici stessi. Mettere mano alle etichette energetiche degli elettrodomestici europei, infatti, vuol dire entrare nel merito della competizione tra modelli industriali e commerciali differenti e spesso alternativi. Allo stesso tempo, trattare tutti i dispositivi analogamente, senza tenere conto delle caratteristiche commerciali e di consumo, oltre che dello stato di avanzamento tecnologico per filiera, finirebbe per favorire gli interessi esclusivi dell’industria manifatturiera generalista centro-europea, a detrimento delle industrie di filiera anche italiane, in particolare nel settore del riscaldamento. Questo pericolo è stato per il momento fugato con un testo che prevede opportune e motivate eccezioni. Sarà importante verificare che il negoziato con il Consiglio per un accordo in prima lettura faccia tesoro di questo nostro contributo.

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