Il ruolo fondamentale dei sindacati, la sostanza della democrazia

Alcuni appunti dell’intervento all’incontro di sabato 12 dicembre sul ruolo fondamentale dei sindacati e sul rapporto con la Sinistra, in Italia e in Europa.

Parlare di partiti e di sindacati ci spinge dentro la sostanza della democrazia, che non può essere ridotta al giorno del voto e che deve vivere dentro la vitalità culturale e organizzativa dei corpi intermedi. Questo snodo è stato affrontato da David Van Reybrouk in un saggio affilato: “Contro le elezioni. Perché votare non è più democratico”.

Cosa voglio dire? Che la democrazia ha sostanza se vive dentro la costruzione di un’opinione pubblica consapevole e tocca a partiti e sindacati – certo, dentro modalità innovative – organizzare donne e uomini verso la costruzione di quale sia il loro interesse. Senza organizzazioni ampie, diffuse, forti, di massa questa autocoscienza degli interessi non avviene. Possiamo anche dire che “tutto è finito, tutto è disintermediato, tutto è liquido”, ma – decantata l’apocalisse – il problema resta incombente: chi organizza gli interessi?

Siamo di fronte ad un tema maledettamente serio: se esauriamo chi crea le opinioni e chi costruisce la consapevolezza degli interessi, in base a cosa avverranno le scelte? E che verso avranno? Rischiamo di essere vittime di onde emotive, prigionieri di un palinsesto costruito altrove, da chi ha il potere economico per affermare i suoi, di interessi.

Perché qui il tema non è se esistano ancora destra e sinistra. Destra e Sinistra sono parole, hanno un’origine storica, se si fossero disposti in modo diverso nel Parlamento francese noi saremmo Destra e loro Sinistra. Ma qui il nodo è un altro: se anche scomparissero espressioni come Destra e Sinistra – e usassimo per distinguere “Bianco” e “Verde”, si tratta di nomi, di convenzioni – potrebbero scomparire gli interessi? Possiamo affermare che gli interessi sono scomparsi dalla società? Che gli interessi di chi ha meno siano gli stessi di chi ha di più?

No. Gli interessi esistono. E una qualsiasi favola pop non può nascondere un fatto così evidente. Per questo facciamo attenzione anche a chi ci racconta che gli interessi non esistano. Quando gli interessi “non esistono”, si afferma sempre l’interesse del più forte. Anzi, quell’interesse ti ha già disarmato ed ha già vinto.

Questo è un crinale da affrontare con radicalità. Affogando in un magma indistinto – travolti da informazioni in mole enorme e tuttavia confuse e non filtrate, senza un ordine di valore e attendibilità, senza priorità – finiamo incapaci di mettere a fuoco per chi siamo e per chi lottiamo. La democrazia finisce svuotata, un’espressione vuota, una cosa da cui astenersi. E allora potrebbe vincere chi dice che le elezioni non servono, che andrebbe bene comunque un governo autoritario o un non-governo. Dove a governare sarebbero sempre, sistematicamente, i più ricchi e più forti, quelli più in grado di affermare i propri interessi.

Lo so, la democrazia è faticosa, ma è un bene prezioso. E l’alternativa è molto peggiore.

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