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Keynes partecipa, nella rappresentanza inglese, alla Conferenza di Versailles del 1919 dove vengono decisi i risarcimenti riparatori che la Germania dovrà poi pagare per gli enormi danni di guerra causati, e subiti in particolare dalla Francia. Quello stesso anno, in un bellissimo libro, “Le conseguenze economiche della pace”, Keynes analizza la situazione e non condivide le condizioni durissime poste alla Germania (parla di «una pace Cartaginese»). Quello che stupisce Keynes, acutissimo osservatore, è l’incapacità ottusa dei governi europei di vedere le conseguenze delle misure imposte alla Germania. E infatti le conseguenze si vedono nel seguito della storia della Germania: le enormi difficoltà economiche tedesche e le umiliazioni portano ad un desiderio di rivalsa, a livello di massa, nel popolo tedesco che trova nel Nazismo la sua terrificante risposta. Questa capacità di Keynes di guardare agli effetti politici e sociali delle decisioni economiche è alla base della decisione Americana di adottare il piano Marshall per aiutare la ricostruzione dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale e resta una lezione valida anche oggi.
Non basta quindi decidere in astratto chi ha ragione e chi ha torto e su questa base assumere le decisioni, bisogna comprendere cosa determinano le decisioni una volta assunte.
Oggi il metodo che dobbiamo adottare nel valutare la situazione della Grecia, e le decisioni che devono derivare da questa valutazione, non possono prescindere dalle conseguenze delle decisioni stesse.
Dopo il referendum greco, e la travolgente vittoria dei no, il grande rischio che corre l’Unione Europea è di essere percepita come una “matrigna” dalle opinioni pubbliche dei Paesi aderenti alla UE. L’Europa a molti non sembra più la soluzione realistica dei problemi della crescita, dello sviluppo, dell’occupazione ma, invece, risulta “il problema”, l’ostacolo che non consente la ripresa. Negli scorsi anni, infatti, abbiamo assistito ad un trasferimento di ricchezza dai paesi più poveri dell’Unione a quelli più ricchi: le banche del nord Europa che avevano prestato fondi alla Grecia sono state salvate dai fondi di tutti i Paesi dell’Unione, compresi quelli poveri. La stessa deflazione, trasferendo ricchezza dai debitori ai creditori, ha aumentato l’ineguaglianza tra i paesi ed al loro interno. Oggi se, a seguito della rigidità della Merkel, e con lei di Schauble, ministro dell’economia tedesca, della Lagarde, direttore del FMI, la Grecia uscirà dall’euro con conseguenze tragiche per la vita dei greci, gli euroscettici verranno fortemente rafforzati e aumenterà il loro consenso.
Al contrario, quello che deve affermarsi è un’Europa come comunità solidale, che non abbandona le parti e i Paesi in maggiore difficoltà e che fonda la propria autorevolezza sulla capacità di dare una soluzione ai problemi – comprese le grosse differenze economiche e di qualità della vita – dei Paesi aderenti. Va inoltre considerato un aspetto economico della vicenda. La Grecia, dopo le drastiche misure economiche assunte, ha comunque un avanzo primario, quindi – se non dovesse pagare gli interessi sul debito – sarebbe in grado di far fronte alle esigenze della propria spesa interna. E sicuramente il debito Greco si è alimentato ed è cresciuto a dismisura anche per gli alti tassi di interesse che sono stati imposti. Se l’economia greca si riprendesse, con l’avanzo primario più alto sarebbe in grado di pagare i debiti. Il dramma è che in questi anni si è strozzato il debitore a tal punto che questo non è più in grado di pagare. Ora, se si pretende un rientro “rigido”, questo rientro non ci sarà, come è stato più volte dichiarato, e i paesi creditori entreranno in un loop economico negativo. Lo dico perché “conviene” trovare una soluzione di compromesso, conviene a tutti una “ristrutturazione” realistica del debito greco e conviene che le condizioni che l’Europa “non matrigna” pone siano ragionevoli e non impraticabili.
Sono fortemente convinto che fuori dall’Unione Europea non ci siano soluzioni buone per i popoli europei ed è per questo che ritengo importantissimo che riprenda la trattativa con l’obiettivo di trovare una soluzione positiva alla «Questione Grecia». L’alternativa, purtroppo, non fa intravvedere nulla di buono.